Yemen: l’Arabia Saudita bombarda i ribelli sciiti

A seguito del tentativo di conquista della capitale Aden e della cacciata dell’ormai ex presidente Mansour, Riad e altri Paesi sunniti alleati hanno attacco gli Houti. A favorire le operazioni, gli Stati Uniti. Ma all’orizzonte si potrebbe prospettare una guerra globale tra Sciiti e Sunniti e un raffreddamento dei rapporti tra Washington e Teheran

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Nel corso della nottata tra il 25 e il 26 marzo, l’Arabia Saudita ha fatto partire un’offensiva aerea contro gli sciiti Houti di Sanaa in Yemen. Gli Stati Uniti hanno favorito questa operazione attraverso il supporto logistico e dell’intelligence. A sostenere in maniera attiva questo intervento militare, ci sono Paesi come Qatar, Emirati, Kuwait, Marocco, Egitto e Pakistan. Il raid sarebbe avvenuto dopo la tentata conquista della capitale Aden da parte dei ribelli e la conseguente cacciata dell’ex presidente Mansour, già confinato a sud dello Stato arabo dall’inizio del 2015, e costretto a rifugiarsi, come riferiscono alcune fonti locali, a Gibuti.

Lo Yemen sta divenendo, quindi, il teatro di scontro non di una mera, seppur sanguinosa, guerra civile, ma di una battaglia di livello internazionale tra Sciiti e Sunniti. Non più tardi di venerdì 20 marzo, infatti, un quadruplice attacco kamikaze ha causato oltre 150 vittime nelle moschee di Sanaa.

Dal punto di vista di Washington, c’è il lato positivo che questo conflitto, comprendente quasi l’intero mondo arabo, non favorisce l’emersione di una potenza forte in grado di spiccare sull’intera area. Di contro, però, almeno due sono i motivi che rischiano di fare precipitare la situazione, dopo il già esasperante conflitto in Siria e Iraq e la costituzione del Califfato in Libia e Nigeria.

Lo Yemen rischia di trasformarsi in uno Stato pronto ad accogliere non soltanto i sunniti simpatizzanti verso l’Isis, ma anche in grado di risollevare quella al Qaeda, messa nell’ombra nell’ultimo biennio, che proprio in questo Paese ha sempre avuto un forte ascendente sulla popolazione. E questo appare evidente visto che dalla parte sunnita ci sono nazioni, come Arabia Saudita e Qatar, responsabili del raid di stanotte.

Infine, l’altro capitolo spinoso riguarda l’Iran. I rapporti tra Stati Uniti e il Paese a maggioranza sciita, dopo la non rielezione di Akhmadinejad, si sono fatti via via più caldi. Dalla possibile intesa sul nucleare, alla collaborazione, sul piano logisitico-militare, nella lotta contro l’Isis in Iraq. Una cooperazione che potrebbe saltare se, come riferiscono alcune fonti locali, gli sciiti di Houti dovessero chiedere aiuto proprio all’Iran, il quale, attraverso il ministro degli Affari Esteri Afkham, ha condannato l’operazione militare e ha chiesto di “fermare i bombardamenti contro lo Yemen e la sua popolazione”.

Giacomo Pratali

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