Attento Roger, Zverev è pronto

Con ciò che resta dopo l’eliminazione di Nadal, la Rogers Cup di Montreal avrà la miglior finale possibile: sarebbe stata sicuramente una bellissima favola, se Denis Shapovalov fosse riuscito a scrivere qualche pagina in più in semifinale. Ma il canadese di origine russe, nato in Israele, ha ceduto in due set all’ormai maturo, e altrettanto biondo, Sascha Zverev, che a vent’anni può considerarsi in via di definitiva affermazione. Il tedeschino (appena al di sotto dei due metri d’altezza) ha staccato il biglietto per la sua seconda finale consecutiva, dopo il bel successo nel 500 di Washington la scorsa settimana: il parterre nella capitale era di tutto rispetto, con quattro top ten (Thiem, Raonic, Nishikori, Dimitrov) oltre allo stesso Zverev numero 11. Al confronto, nella stessa settimana si è giocato Amburgo, di pari categoria: vittoria di Leo Mayer, lucky loser argentino. La testa di serie numero 1 era Albert Ramos (24 ATP). Per la prima volta Zverev disputa due finali in due settimane di seguito.

Zverev arriva a giocarsi il titolo in Canada spinto da entusiasmo e risultati, ed è giusto etichettarlo come il dominatore dei prossimi anni: l’unico a potergli contendere la scena sarebbe Nick Kyrgios, che però non sta dimostrando la continuità e la giusta mentalità necessarie per poter reggere la pressione della vetta. Non va considerato Dominic Thiem, di fatto e paradossalmente già annoverabile tra gli esperti. Sascha è invece di integrità d’acciaio: “Non sono stupito dei miei risultati. So perfettamente quanto ho lavorato e conosco i sacrifici che ho fatto, per essere qui” disse in conferenza stampa a Roma pochi mesi fa, prima di vincere il suo primo Masters 1000 in carriera, superando in finale Novak Djokovic, già in preda ai suoi fantasmi. Il terzo dei quattro trofei sollevati quest’anno (insieme a Montpellier, Monaco e per l’appunto Washington), il quinto della carriera contando anche San Pietroburgo 2016. Che sia diverso dagli altri lo si è capito una volta di più quest’anno: dopo la sonora scoppola subìta da Nadal a Montecarlo (6-1 6-1 in un’ora), è andato a vincere a Monaco, ha fatto un figurone a Madrid e trionfato agli Internazionali. In tre settimane. Sulla superficie forse meno adatta al suo gioco. La vera alternativa ai favolosi quattro, in ottica futura, è lui.

A contendergli il trofeo, viene da dire ovviamente, trova Roger Federer: 142esima finale (terzo ogni epoca a due lunghezze da Lendl. Connors inavvicinabile a 164), la 45esima in un Masters 1000 (primo, pari con Nadal). La sesta dell’anno, che al momento lo vede in en plein con i successi in Australia, a Indian Wells, Miami, Wimbledon e Halle. Proprio in Germania lo scorso giugno, lo svizzero aveva inflitto a Zverev una lezione da antologia, giocando a ritmi doppi con una varietà di soluzioni rara, specialmente sull’erba. 2-1 il bilancio in favore di Federer, che ha perso sempre a Halle la semifinale del 2016. Il precedente non ufficiale della Hopman Cup di quest’anno è nella borsa di Zverev. Federer però non ha brillato nelle ultime uscite, vincendo in rimonta contro Ferrer al terzo turno (non perdeva un set da due mesi, dalla sconfitta con Haas a Stoccarda) e viaggiando a marce basse sia con Bautista che con Haase. Vero che quando il divario di valori è così importante può capitare di abbassare naturalmente il proprio livello di gioco, ma Roger dovrà sperare di non incappare in distrazioni, perché con questo Zverev la sconfitta non sarebbe del tutto una sorpresa. Federer ha perso appena due partite quest’anno, contro Donskoy a Dubai e il già citato Haas.

“Giocare qui è un rischio. Ho scelto di partecipare perché fisicamente sto bene e posso trovare ritmo prima, rispetto agli anni passati”, ha detto Federer prima dell’inizio del torneo. Lui che nelle ultime stagioni aveva spesso scelto di saltare l’appuntamento canadese (che per l’alternanza con il torneo femminile, negli anni pari di gioca a Toronto) per dedicarsi direttamente a Cincinnati, dove tra l’altro il cemento è forse il più veloce in assoluto, perciò adattissimo al suo tennis. È la dodicesima apparizione di Federer alla Rogers Cup, utilizzata quindi, a suo dire, come preparazione per gli US Open, dove di certo partirà favorito. In finale ci sarà il confronto più atteso, escluso il Fedal: Federer per confermarsi a trentasei anni in una delle sue stagioni migliori, Zverev per dare un’ulteriore picconata nella scalata verso l’Olimpo. Certo sarebbe potuto essere diverso con Djokovic e Murray, ma Djokovic e Murray non ci sono stati.