Lorenzi vince il derby, ora in finale c’è Rublev (Crivelli)

Lorenzi vince il derby, ora in finale c’è Rublev (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Una battaglia allo spasimo, oltre due ore (due ore e 36 minuti, per la precisione) di scambi feroci e spettacolari che alla fine premiano l’esperienza di Paolo Lorenzi ma certo non bocciano Alessandro Giannessi, che in coda a una settimana di grandi prestazioni conferma di poter tranquillamente stare al top, soprattutto adesso che la classifica (sarà tra i primi 90 Atp) gli consentirà di approcciare la gran parte dei tornei senza passare dalle qualificazioni. ALTALENA Dunque, il derby della semifinale di Umago (482.060 euro, terra) sorride al senese, che raggiunge la quarta finale in carriera dopo San Paolo 2014, Kitzbuehel 2016 (l’unica vittoria) e Quito quest’anno. Era solo la seconda volta nell’Era Open che due italiani si giocavano l’ingresso in finale uno contro l’altro, dopo che nel 1993 a San Marino si erano trovati di fronte Furlan e Gaudenzi. Partita tesa e palpitante, in altalena emozionale come richiede una sfida tra amici che a volte si allenano insieme. Primo set dominato dal servizio di Lorenzi (92% di punti con la prima) e dal suo rovescio, ma quando il numero 34 del mondo sembra in controllo, avanti anche 4-2 nel secondo set, ha un calo anche fisico (gioca con una vistosa fasciatura alla gamba destra) e consente allo spezzino, lottatore con il cuore enorme, di rientrare, pareggiare i conti e portarsi addirittura avanti di un break nel terzo, prima di subire la rimonta di Paolino, che oggi in finale (ore 20, diretta Supertennis) trova il 19enne russo Rublev, ripescato addirittura da lucky loser e capace di eliminare nei quarti il campione in carica Fognini: per lui è la prima finale in carriera, senz’altro la prima di una lunga serie (e lo vedremo alle Next Gen Finals di Milano). LUTTO Intanto l’Australia piange la morte di Peter Doohan, 56 anni, che trent’anni fa a Wimbledon, al secondo turno, eliminò il doppio campione in carica Becker, guadagnandosi il soprannome di «Becker Wrecker», distruttore di Becker. Arrivato al massimo al numero 43 del mondo, rimase imbattuto in tre doppi di Coppa Davis e vinse il torneo di Adelaide nel 1984. Da tempo risiedeva negli Stati Uniti dove lavorava come coach. Era malato di Sla