RG: Wawrinka è un leone, in finale per il poker

da Parigi, il nostro inviato

[3] S. Wawrinka b.[1] A. Murray 6-7(6) 6-3 5-7 7-6(3) 6-1

Le due paurose risposte di dritto, vincenti, con cui Stan Wawrinka chiude secondo e quarto set, sono una buona fotografia della sua semifinale contro Murray: prodezze che lo aiutano a uscire dalle sabbie mobili in cui Andy Murray lo stava risucchiando, prima di esplodere in un quinto parziale di rara bellezza, anch’esso firmato con la griffe vera, quella del rovescio lungolinea. Lo svizzero dà infatti l’ultima pigiata all’acceleratore con mezz’ora di tennis stellare, quello che lo aveva reso intoccabile in ciascuno dei suoi successi Slam: Murray cede di schianto, sommerso dalla piena di vincenti a velocità supersonica e ormai privo di qualsiasi energia. Un solo guizzo per evitare il bagel, quando ormai la sentenza era pronunciata per metà, o più. Stan raggiunge la sua quarta finale Major in carriera: non ha mai perso nelle precedenti tre occasioni. Scavalca inoltre Novak Djokovic nel ranking, relegando il serbo al numero 4 per la prima volta dal 2009.

Quattro ore e trentaquattro minuti di tennis gradevole, intensissimo, macchiato dall’orrendo tie-break del primo set (nove mini break su quattordici punti) infarcito di gratuiti: Wawrinka spreca un set point e cede il parziale, ma non perde fiducia e anzi guadagna in qualità di gioco. Murray mette in campo una fase difensiva pazzesca, leggendo alla perfezione le traiettorie degli smash, e rimandando dall’altra parte della rete praticamente ogni palla: “Mi alleno anche su questo fondamentale, chiedo a chi mi aiuta di smashare e cerco di intuire le direzioni. Mi serve anche dopo quasi 800 partite nel tour”, dirà nella conferenza stampa che terrà immediatamente dopo la sconfitta, ancora sudato.

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