Djokovic: “Sto ritrovando il mio equilibrio”
Sei atterrato male ad un certo punto, come ti senti?
Sì, mi sono mosso male. Ma niente di serio, ho solo sentito tirare.
Cosa ti è piaciuto di più del match di oggi?
L’inizio, il modo in cui ho iniziato. Un gran primo set, ho fatto tutto quello che volevo. A metà del secondo set e a metà del terzo set gli ho permesso di crederci di più, lui ha iniziato a giocare meglio e io ho entito di star rallentando un po’. Lui ha sfruttato le sue occasioni, è molto aggressivo e sulla terra si trova bene. Ho cercato di toglergli il tempo perché se ne ha, è pericoloso. Il terzo set è stato combattuto. Mi sento meglio oggi rispetto al primo turno.
Ritrovare la gioia di giocare era il tuo maggiore obiettivo, a quanto dicevi. Ci stai riuscendo qui, con la pressione del campione in carica e il nuovo team?
Mi sto divertendo, giocare mi piace tanto. Partita o allenamento. Le sensazioni che si hanno entrando in campo, la dinamica che si crea all’inizio di una partita. L’energia si sente. In generale mi piace, amo il tennis e ho ancora una grande passione. Dedicarmici è cruciale per poter avere possibilità di successo, ed essere al top. Ci sono giorni in cui no va tutto bene ma è parte del gioco. Sono a un punto della mia vita in cui devo trovare modi per motivarmi. Avere Agassi con me mi aiuta in questo. Voglio scoprire cosa altro mi aspetta nella vita.
Hai parlato una ricerca di equilibrio tra tennis e equilibrio. Sembri molto tranquillo.
Grazie, è un complimento. Mi piace esprimere le emozioni e essere onesto con me stesso e gli altri. Ci sono momenti in cui le mie eomzioni in campo vengono fuori, è importante incanalarle a mio vantaggio. Penso che per me sia una questione di equilibrio, come hai detto, tra la giusta intensità, la stessa energia, cattiveria, voglia. Ma anche essere sereno e integro. Penso sia qualcosa che tutti i tennisti e atleti cercano. Serve esperienza, tempo ed è facile perderla: la vita lo richiede a noi tutti, ci sono smepre nuove sfide e nuovi modi per accetarle e migliorare, evolvere.
Puoi dirci quali erano le sensazioni quando discutevi con Andre per iniziare a lavorare?
Sì, al telefono. Lo ringraziavo per il suo supporto, che mi ha sempre fornito. È sempre stato molto positivo, e mi è servito molto. Poi abbiamo parlato per 45 minuti un po’ di tutto, è stata una situazione in cui ho pensato poco, ho solo sentito che andava tutto bene, era tutto naturale. Non potrei essere più grato di questa opportunità, anche se siamo distante siamo sempre in contatto ed è un grande valore.
Adesso che hai un coccodrillo sulla maglietta, sai perché Lacoste era chiamato “The Crocodile”? E piangerai come un coccodrillo quando finirai le tue vittime, o solo quando perderai come a Rio?
Sono orgoglioso di far parte di Lacoste, è una tradizione incredibile ed è uno status enorme nel mondo del tennis e dello sport. Sono onorato di essere un ambasciatore del brand, è un privilegio. Non credo che piangere mostri una vulnerabilità negativa: averlo fatto a Rio significava passare un momento durissimo, sapere che non potevo più lottare per l’oro. Rappresentare un paese è un onore e un onere difficile da descrivere, e quello mi ha provocato grandi emozioni.